I lacci delle scarpe

Ricordi

Ero ancora piccolo, molto piccolo quando mio fratello mi insegnò a legarmi i lacci delle scarpe: era un’operazione impegnativa anche perchè doveva farsi secondo un metodo e con buona precisione per ottenere il miglior risultato.

L’apprendimento non fu immediato, ci volle l’impegno di quell’età ma esso si affinò in breve per ogni tipo di scarpe e di lacci da intrecciare.

Niente di più facile, semplice e spontaneo che legarsi i lacci delle proprie scarpe.

Modus operandi

L’apprendimento di una operazione e di comportamenti richiede, perchè esso permanga semplice e facile, che venga reiterato e messo alla prova come il miglior modus operandi. Nel caso dell’allacciatura delle scarpe, che essa si faccia spesso e che le scarpe non si slaccino.

Chissà, diversamente, che non occorrano lezioni supplementari, nell’età adulta o in quelle della terza e quarta età. Sono prevalenti oggi i modelli di scarpe che non necessitano stringhe per essere fermamente indossate; le scarpe da donna, poi… Andiamo, così ,dimenticando come si intrecciano i lacci delle scarpe, dal momento che usiamo infradito, strapps et similia.

Conseguenze

Sarà per lo stesso motivo che sono lontani i tempi delle virtù civiche, fra i cittadini e fra gli stessi governanti, qualunque sia l’ordine o regime ? Semmai siano esistite.

In questi anni di crisi, (tra poco, un decennio) l’esigenza apparentemente più sentita dalle popolazioni è quella della lotta alle corruzioni di ogni tipo che concorrono in maniera determinante ad allargare i solchi fra la ricchezza di pochi e la povertà dei molti.

Una sottostante voglia di fare pulizia e giustizia, ancora non del tutto energicamente esplosa, si appalesa tuttavia già nelle nuove aggregazioni politiche che tendono ad avvalorarsi alla guida dei paesi ove le diverse forme di crisi permangono senza accettabili vie d’uscita.

Il timore espresso all’interno delle compagini politiche tradizionali, di quelle per intenderci che hanno spartito poteri e benefici, rimanda a presagi di inevitabili instabilità istituzionali, a confronti sociali violenti, a povertà diffuse ancora più profonde e durevoli, qualora prevalessero le nuove aggregazioni.

Urgenza di interventi e riforme, ma quali?

E’ indispensabile che si pongano in marcia le giuste riforme, sostengono i numerosi benpensanti, i riconosciuti depositari del sapere nelle diverse discipline, i consolidati ortodossi delle istituzioni , meglio ancora se surrettiziamente democratici, in forza delle risultanze elettorali.

Si studiano e si propongono nuove costituzioni, nuove leggi e nuove forme di organizzazione pubblica; si argomenta sulla necessità di emarginare i corrotti, di evitare che essi assumano cariche pubbliche; si individuano nuove fattispecie di delitti e si individuano pene più severe.

Occorrerà uno Stato più forte, si suggerisce, ove i contrappesi di potere per chi governa siano pochi e all’esecutivo non si oppongano,eventualmente, altre istituzioni.

Le riforme, diversamente, languirebbero nel libro dei sogni. Squadre di carpentieri ben pagati sono pronte a realizzare i progetti di questi architetti, dei quali apprezzano le intenzioni e le regole del sapere e con i quali condividono le astuzie del fare.

Aspettiamoci, dunque, un mondo migliore nel migliore dei mondi possibili. O non sarà così?

Una riflessione si impone.

Se il buon comportamento non diventa l’habitus degli umani, la cornice entro la quale esporre ed offrire i nostri dipinti, sarà costantemente difficile e complicato venir fuori dagli innumerevoli problemi che sembrano essere caduti sull’intera umanità.

Tale habitus, tuttavia, non è innato ma si impara a riconoscerlo e a praticarlo; se esso è apprezzato, condiviso e consegue buoni risultati, può diventare quasi parte di un DNA culturale e sociale che si allarga e diviene contagioso.

Qui risiede lo sforzo degli umani, la cui capacità intellettuale si confronta e si scontra diuturnamente con quella specificità che può condurre all’autodistruzione ancorchè siano attuabili percorsi di pace e di fruttuosa convivenza.

Coi limiti posti dal nostro essere parte indistinguibile della vita sulla terra, vale a dire , dalla consapevolezza della nostra appartenenza unica , unica essendo la nostra derivazione, possono svilupparsi in libertà progetti di convivenza e la messa in comune delle risorse e delle intelligenze degli umani.

Occorre investire sulla formazione della nostra specie; formazione da mantenere , migliorare e proporla alla condivisione, premiarla; occorre sviluppare la consapevolezza che siamo espressione della vita sulla terra, vita che accoglie tutte le sue espressioni, nessuna esclusa; in questi limiti e con questa consapevolezza si sviluppano comportamenti sobri e utili.

In poche parole, un futuro nelle nostre mani, come per le stringhe delle scarpe, che se ben allacciate sono capaci di assicurare una camminata protetta e sufficientemente comoda.

Consapevoli tuttavia che la strada è lunga e imprevedibilmente incerta considerato anche l’ impasto di cui siamo fatti.

febbraio 2015

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